«Quando pronunciate la vostra preghiera — scrive Teofane — cercate di fare in modo che esca dal cuore. Nel senso vero la preghiera non è altro che un sospiro del cuore verso Dio; quando manca questo slancio, non si può parlare di preghiera». E un altro autore, B. Vyšeslavcev, nel suo opuscoletto Il cuore nella mistica cristiana e indiana scrive: «Se la religione è una relazione personale con Dio, allora il contatto con la Divinità non è possibile altrove che nella profondità del mio io, nella profondità del cuore, perché Dio, come dice Pascal, è sensibile al cuore». Allora il cuore non può significare una o altra facoltà umana, ma vi si concentra tutta l'attività spirituale dell'uomo. Il cuore dice l'uomo intero, nella sua integrità umano-divina, vi collaborano le forze del corpo e dell'anima e vi risiede lo Spirito Santo come nel suo «trono». Auguriamo quindi ai lettori che mediteranno le parole di questo libro che la loro meditazione le aiuti a poter esclamare con Paul Claudel: «Inveni cor meum! dice il Profeta. Ho trovato il mio cuore! Che scoperta! Mio cuore! niente di meno che il mio cuore! niente di meno che il nodo della mia persona. Qualche cosa che esisteva prima di me, qualche cosa nel mio petto che continua la pulsazione di Adamo. Qualche cosa che sa più di me stesso e chiede di essere interrogato diversamente che con le parole. Qualche cosa che compariamo meglio a un Roveto ardente, a quel Roveto che brucia senza consumarsi» (Tomáš Špidlík, S.J.).
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