«Voi sarete santi perché io sono santo, Io, Colui che è, il vostro D.» (Lv 19). Rav Abbà ha insegnato che nel capitolo che inizia con queste parole è contenuta tutta la dottrina. È una vera e propria impronta del ‘sigillo’ della verità… Vi si trovano i sublimi misteri della dottrina. Perciò, quando i compagni arrivavano a questo capitolo, erano pieni di gioia… Vieni e vedi! Il Re è in cerca di chi è adatto per lui. Per questo il Santo, sia benedetto, non prende dimora se non in chi è uno come lui. Se l’uomo si perfeziona tramite un’elevata santità con l’intenzione di diventare uno, Egli prenderà dimora in quest’uno. E quand’è che l’uomo è detto uno? Quando l’uomo e la donna sono uniti durante l’atto sessuale (ziwwuga)… Vieni, e vedi! Mentre l’essere umano, maschio e femmina, è nel pieno dell’atto sessuale e ha cura che i suoi pensieri siano santificati ed impeccabili, allora lo si chiama uno. Per questo l’uomo deve accarezzare con trasporto la sua sposa in quel preciso momento, affinché entrambi siano animati da una sola volontà e rivolgano i loro pensieri al medesimo oggetto. Abbiamo appreso dal Talmud: «Chi non ha preso moglie viene considerato come una metà«» (Yevamot 83). Ma quando l’uomo e la donna si uniscono, formano un unico corpo: un unico corpo e un’unica anima; è a questo punto che l’uomo è detto uno. È a questo punto che il Santo, sia benedetto, prende dimora in quest’uno e gli assegna uno spirito santo. Questo è ciò che viene designato con l’espressione «i figli del Santo, sia benedetto» (cfr. Shavuot 18b). Il Talmud insegna, nel trattato Qiddushin (70a): «Chiunque sposa una donna per i suoi soldi avrà da lei dei figli indegni. Perciò voi sarete santi, perché io sono santo».
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