È indubbio che il nucleo intorno al quale si muove il complesso dei problemi sia l’ego. Tutta la storia del nostro essere alla ricerca di quella letizia che è non fine a se stessa, ma anche, spinozianamente, segno di perfezione, è la storia del faticoso, faticosissimo emergere da una ingenua percezione egoica — diciamo pure egoistica — dell’io a una più alta comprensione della realtà, nostra e del mondo insieme. La fine di una egoità piccola, appropriativa, “malvagia” nel senso che abbiamo sopra detto, si ha quando si dischiude in noi un io più profondo, più vero, che non è in opposizione né a Dio né al mondo né agli altri. Questo dischiudersi progressivo, agli inizi molto faticoso anche esso, è l’opera di amore, e non meraviglia perciò che questo sia uno dei temi essenziali del libro, che lo percorre dall’inizio alla fine e su cui l’autore scrive delle pagine molto belle, alle quali non possiamo fare altro che rimandare. La forza della sessualità, del desiderio, è riconosciuta correttamente in tutta la sua pienezza: essa esprime all’ennesima potenza tutta la forza dell’attrazione e del mondo condizionato; il sesso rivela con forza straordinaria la natura di questo mondo, ovvero la natura condizionata, immersa nella danza di attrazioni e repulsioni, di tutto ciò che chiamiamo “creazione” (Marco Vannini).
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